Oggi, venerdì 29 settembre, si celebra la Giornata mondiale del cuore, una campagna mondiale di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione delle malattie cardio-cerebro vascolari, promossa in tutto il mondo dalla World Heart Federation.
Un tema che è tutto attuale, considerato che le malattie cardiovascolari rimangono, in molti Paesi del mondo, la prima causa di morte.
Una giornata, quindi, particolare, su cui si è pronunciato anche il dottor Giuseppe Berton, cardiologo e membro della commissione scientifica del quotidiano Qdpnews.it, nonché fondatore e presidente dell’ABC (Adria, Bassano, Conegliano and Padova Hospitals) Study on Heart Disease Association-Foundation-ONLUS, con sede all’Ospedale de Gironcoli, a Conegliano.
Un’occasione per lui, quella della giornata, per ricordare la medicina del passato, quella del presente e del futuro, con tutte le aspettative correlate.
“La Giornata è stata istituita per promuovere il benessere e la salute del cuore – è la premessa fatta dal dottor Berton – Sul finire del Medioevo la ricerca in Medicina veniva svolta tramite un professore, in cattedra, che dispensava le proprie conoscenze, basate per lo più su testi antichi. Gli assistenti eseguivano le linee guida date dal professore. Era una conoscenza basata sull’antico”.
“Tutto questo fino a quando Galileo Galilei disse che la Natura in sé è un libro, che dobbiamo aprire e indagare. Questa lettura del libro della Natura dobbiamo farla noi e, il mezzo per comprenderla, sono i numeri e il metodo sperimentale – ha spiegato – Questo pensiero diede il via alla ‘rivoluzione scientifica’ che tutti conosciamo, e che, in Medicina, si tradusse nelle fondamentali scoperte anatomiche, come ad esempio quelle condotte dal medico fiammingo Andrea Vesalio. Con il suo ‘De humani corporis fabrica’, pietra miliare della storia della Medicina, pubblicata a Basilea nel 1555, mise per la prima volta pubblicamente in discussione molti degli insegnamenti tradizionali, ponendo in primo piano l’osservazione critica diretta del corpo umano. Vesalio lavorò anche nella prestigiosa Università di Padova, dove gli fu conferito il titolo di ‘Dottore in Medicina’ e assegnata la cattedra di Anatomia e Chirurgia“.
“Successivamente, nel 1628, un altro grande scienziato, William Harvey, diede alle stampe il suo capolavoro scientifico ‘Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus’, che avrebbe rivoluzionato le tradizionali idee sulla fisiologia umana: scoprì la circolazione sanguigna – ha aggiunto – Anche lui trascorse un lungo periodo di studio e ricerca all’Università di Padova, prima di rientrare in Inghilterra, dove divenne medico personale del sovrano Giacomo I. Il prosieguo di questa rivoluzione diede origine ai grandi miglioramenti della Medicina, come oggi noi li conosciamo”.
È proprio su questa concezione di metodo scientifico che si basa il lavoro di ricerca dell’ABC-Study Foundation-ONLUS, la cui attività scientifica principale è quella di studiare il ‘follow up’ del paziente, dopo l’infarto di cuore.
Un termine il cui significato è stato illustrato da
Mattia Dario Ludovico, studente di Medicina e fellow-borsista della Fondazione.
“Il follow up scientifico è una delle pratiche adottate dalla Fondazione per conoscere ed essere vicini ai pazienti: circa 800 persone seguite da 24 anni – ha spiegato – Periodicamente viene eseguito un check up del paziente, per studiare il decorso della malattia in termini scientifici. Lo stesso Ippocrate pensava infatti che la malattia non dovesse essere vista solamente nel suo momento acuto, bensì analizzata la sua evoluzione nel tempo. L’obiettivo della nostra Fondazione è quindi quello di studiare lo stato del paziente nel lungo periodo”.
Questo è anche un modo per rilevare eventuali nuovi marcatori di rischio. Tutto sempre in un’ottica di prevenzione, per combattere l’insorgenza di nuove malattie.
“Abbiamo osservato, ad esempio, nel follow up dei pazienti, una forte tendenza all’associazione tra malattia coronarica e neoplasia. Questo dovrebbe richiamare l’interesse non solo dei medici e ricercatori, ma anche delle istituzioni sanitarie, poiché è un problema di enorme rilevanza – ha osservato ancora il dottor Berton -D’altro canto, c’è una parte dei nostri pazienti post-infartuati che hanno superato i 24 anni di follow up, liberi da eventi severi. Ciò è un ottimo segno e anche un’occasione per esaminare i fattori clinici legati a una prognosi così favorevole”.
“La nostra idea è che se seguiamo bene i pazienti nel tempo, mettendo assieme le conoscenze, possiamo migliorare i nostri risultati – ha concluso il medico cardiologo – Questo è un obiettivo a cui teniamo molto e forse anche un modo concreto per partecipare alla Giornata Mondiale della Cardiologia, che ci suggerisce di dedicare tempo alla nostra salute e al nostro cuore”.
(Foto e video: Qdpnews.it ©️ riproduzione riservata).
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